Plasmaderivati: lavori in corso.
L’Italia, con un volume di affari di oltre 500 miliardi di lire 1996, rappresenta circa il 10 % del mercato mondiale dei prodotti derivati dal plasma umano, anche se è noto che per l’80% dipendiamo dalla materia prima proveniente dall’estero.
Il rischio di infezione , anche se sempre più basso, è ineliminabile.
E’ noto che sono in atto indagini della magistratura, che ha già individuato nel ciclo produttivo dei plasmaderivati numerose irregolarità .
Quando si parla di plasmaderivati non si può prescindere dal problema delle immunoglobuline, soprattutto le antitetaniche, che sono le più prodotte e usate.
Attualmente in Italia vengono vendute in un anno, oltre 620.000 confezioni di immunoglobuline antitetaniche, solo 25.000 confezioni di immunoglobuline per la pertosse, 3.000 per la rosolia.
Circa 5 milioni di dosi di vaccino antitetanico vengono impiegate ogni anno in Italia e questo crea la dipendenza dal plasma estero, meno sicuro di quello proveniente dai donatori volontari italiani.
E’ importante invece sottolineare che ogni anno in Italia circa cento persone si ammalano di tetano e i due terzi di queste sono donne oltre i 50 anni: statisticamente le più esposte perché maggiormente prive di copertura vaccinale.
Basti ricordare che la vaccinazione è obbligatoria per i bambini, i coscritti al servizio di leva , così pure gli addetti ai lavori a rischio per la patologia.
Pertanto, in questi, in caso d’infortunio, non occorre somministrare l’emoderivato antitetanico, se il paziente ha completato un ciclo di vaccinazione contro il tetano. La vaccinazione antitetanica ha validità per dieci anni, contro i 30 giorni dell’ emoderivato; il costo del farmaco per l’ intero ciclo di vaccinazione antitetanica è di circa 9 mila lire, contro le circa 15 mila di ogni dose di immunoglobulina. Dopo dieci anni una dose di richiamo: 3 mila lire.
E’ evidente il risparmio sia economico, sia gli effetti benefici per la salute pubblica. La scelta rimane soprattutto un problema di politica industriale.
Per eliminare quindi il rischio legato all’uso di questi emoderivati e per avvicinarsi maggiormente alla autosufficienza nazionale, sarebbe necessario solo effettuare i richiami decennali di vaccino antitenico.
I costi per tale operazione di prevenzione, a fronte di un vantaggio socio-sanitario, vanno considerati ammortizzabili nell’intero decennio successivo alla effettuazione.
Altro problema di notevole importanza è il consumo di albumina.
Quali consigli pratici ci sentiamo di dare ai medici nella pratica per diminuire il rischio trasfusionale ?
Attualmente si può consigliare la consulenza di un medico trasfusionista, che valuterà ad esempio, se si può diminuire il consumo di albumina mediante l’ impiego di prodotti di sintesi .
Altro problema legato ai plasmaderivati, è sensibilizzare la classe medica per estendere a tutti i pazienti emofilici l’ impiego del fattore VIII ricombinante, sintetizzato con tecniche di ingegneria genetica e carente nei malati di emofilia.
L’Italia, ha ammesso alla registrazione solo di recente il fattore VIII ricombinante, limitandolo al solo impiego ospedaliero; gli emofilici sono costretti a recarsi pertanto nei presidi ospedalieri convenzionati, non potendo disporre in casa del nuovo prodotto .
Valorizzare al meglio le sedi ospedaliere presenti sul territorio, come pure i medici convenzionati con il S.S.N. a cui potrebbe essere affidata una campagna vaccinale antitetanica, potrebbe essere un giusto scopo tanto più efficace quanto più preceduta da una campagna di informazione capillare nella classe medica e nella popolazione, sempreché si riesca a conciliare certi interessi “particolari” con il bene comune .
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